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lunedì 31 luglio 2017

Ultramaratona del Gran Sasso 2017. Viaggio in una bellezza senza fine.

foto tratta dalla rete

Come definire correre una ultramaratona? I pareri sono discordi. C'è chi dice che avventurarsi oltre i 42 km sia da pazzi. In effetti un pò da pazzi lo è, i rischi di farsi male sono duplicati, triplicati, ma vuoi mettere la soddisfazione e l'orgoglio da arrivare a concludere una ultra?
Personalmente ho abbandonato quel mondo, ma ad alcune gare non so dire di no.
Una di queste è l'Ultramaratona del Gran Sasso. Una gara bellissima che valorizza al meglio le potenzialità attrattiva dell'altopiano e le qualità di resistenza e resilienza degli atleti. 
Quest'anno l'organizzazione ha fatto davvero un cambio di passo e la corsa è passata ad essere una vera gara di rilievo nazionale. C'è stata una eco e una partecipazione davvero da tutta Italia e tutti, indistintamente, sono rimasti ben impressionati dalla location, ma anche dalla puntuale organizzazione che non ha lasciato nulla al caso.
Giunto a Santo Stefano di Sessanio, nella graziosissima Piazza Medicea, non ho potuto non notare i tanti runners provenienti da fuori regione. Ho parlato con alcuni di loro e ho notato con quale trasporto stessero parlando dell'Abruzzo. In cuor loro non immaginavano che ci fosse tanta bellezza nel centro dell'Italia.
Sebbene i discorsi fossero piacevoli e divertenti, l'orologio ci richiama all'ordine e, in men che non si dica, arriva l'orario della partenza.
La Gara
Quest'anno, forse ostentando un pò troppa sicurezza nelle mie possibilità, decido di correre insieme a Mauro. Lui, al contrario di me, si è disciplinatamente preparato correndo bene e per tanti km (è reduce anche dal Passatore). Io ho racimolato solo un paio di uscite collinari medio lunghe di 28 e 35 km.
Allo start partiamo dal fondo del gruppo e piano piano cerchiamo di correre ad un passo lento e tranquillo, comunque tale da permetterci di svalicare al valico di Capo la Serra senza troppi patemi d'animo.


Il passo, seppur lento ci fa raggiungere e superare molte persone. Quando le cose si fanno serie, però, attorno al 18° km, laddove la pendenza si fa sentire, Mauro ne ha di più e se ne va lasciandomi al mio destino.
La mia corsa solitaria, tra alti e bassi, procede tranquilla. il passo non è dei migliori, ma la testa è sempre presente e determinata ad andare avanti.
Per fortuna ci sono tanti ristori ad alleviare un caldo ed un'arsura che non ti danno tregua e che causerà molti ritiri). 
Voglio ringraziare la gentilezza e lo spirito di sacrificio dei tanti volontari che hanno gestito quei ristori. Ci hanno dato una grande mano, insieme con i loro sorrisi e i messaggi di incoraggiamento che ci spronavano a ripartire più motivati di prima.
Voglio ringraziare anche tanti ciclisti che mi hanno offerto un pò d'acqua o sali che hanno dimostrato che il nostro è davvero un bell'ambiente dove ci sono tante brave persone.
I miei compagni di viaggio sono tanti, un ragazzo dei Lupi d'Abruzzo di Atessa che mi ha confessato di conoscermi perché lettore del blog, così come un ciclista incontrato più avanti. 
Poi ho condiviso qualche chilometro con Antonello Pattara e con tanti altri.


Correre sull'altopiano è come farlo nella pampa infuocata tanto che per un bel tratto mi sono praticamente denudato. 


Per fortuna, soprattutto verso il bivio per il Lago Racollo, siamo stati accarezzati da una leggera e fresca brezza che ci ha aiutato ad affrontare la salita che porta al 40° km. Già sull'altopiano avevo visto, seppur in lontananza, sterminate mandrie di mucche, ma dal Lago Racollo in su, corro e altre ne trovo a brevissima distanza da me. Sono bellissime, fiere e dallo sguardo austero. Un fantastico toro dal fisico imponente e muscoloso se ne sta quieto vicino alla sua lei. Una scena bellissima che mi dispiace non fissare con una foto. 


La salita finalmente finisce e raggiungo il ristoro. Due bicchieri d'acqua ed un pò di uvetta passa sono il viatico che mi lancia in discesa, giù verso Santo Stefano. Corro insieme a quattro runners fino al successivo ristoro del 45°, le forze scarseggiano, ma voglio assolutamente arrivare. E così, dopo una partenza un pò sofferta, mi butto in discesa fino all'arrivo.
Al 49 e 500 metri mi cadono in terra gli occhiali da sole. Fermarmi e raccoglierli è stata davvero dura, ma ce l'ho fatta. Riparto, bivio a sinistra e arrivo davanti al municipio.
5 ore e 7 minuti dice il cronometro. 15 minuti in più dello scorso anno. 
Anche se più lentamente ho corso bene e le sensazioni fisiche del giorno dopo sono ottime. 
Con un pò di allenamento in più forse l'avrei "vissuta" meglio, ma non importa. Le sensazioni e le emozioni che ho avuto, valgono totalmente quel poco di fatica e sofferenza.
Concludo dicendo grazie a chi, involontariamente, mi ha spronato, sostenuto, gratificato con la sua presenza e la sua illimitata fiducia, credendoci anche e più di me. Grazie, grazie, grazie.